Pisa, ottobre 2016
Discorso del Vincitore del Premio Galilei
Saluto il Sindaco di Pisa, il pro-rettore, il presidente della Fondazione Galilei le autorità rotariane e tutti i presenti. Ringrazio la Fondazione Premio Galilei, il Rotary e i membri della Giuria per questa designazione: i professori Alexander Blumen, Muhsin Harakeh, Banangalore Sathyaprakash, Jean Yves Vinet.
Sono qui, e li ringrazio, i professori Adalberto Giazotto, il padre di Virgo, Federico Ferrini, direttore di EGO, Francesco Fidecaro, direttore del Dipartimento di fisica, Giancarlo Cella, leader del gruppo Virgo Pisa.
Ricevo questo premio per il lavoro fatto in molti anni come leader di un grande progetto, Advanced Virgo, grazie a cui abbiamo in Europa un rivelatore di onde gravitazionali di seconda generazione, che presto si unirà ai due interferometri americani LIGO nell’osservazione del cosmo.
Ma, come quasi sempre accade nella scienza, il lavoro si fa in team. In questo caso, oltre 200 fisici, ingegneri e tecnici della Collaborazione Virgo e dello staff di EGO, provenienti da 6 paesi europei, che hanno lavorato negli ultimi 10 anni con passione e dedizione al progetto, in un contesto non sempre facile e con risorse limitate. E’ con tutti loro che condivido idealmente questo riconoscimento. Vorrei inoltre dedicarlo a un caro amico e collega con cui ho condiviso per tanti anni questa avventura e che ci ha lasciato troppo presto, Stefano Braccini.
E’ un grande onore essere qui. Per il prestigio di questa manifestazione, per il prestigio dei nomi dei premiati che mi hanno preceduto. Ma anche perché, da scienziato che si è formato a Pisa (università, Scuola Normale, INFN) e che a Pisa oggi lavora occupandosi di gravità, astronomia e astrofisica, ricevere un premio intitolato a Galileo Galilei ha un valore particolare.
Sono passati quattro secoli da quando Galileo ha puntato al cielo il suo cannocchiale, e usando uno strumento in modo nuovo, ha aperto un mondo. Un gesto che ha avuto un impatto fortissimo, in campo scientifico, ma anche filosofico e politico. Un grande passo avanti nella conoscenza del cosmo. Un momento di progresso per l’umanità.
In quattro secoli la tecnologia si è evoluta enormemente, ma abbiamo continuato ad usare il “cannocchiale” per capire l’universo in cui viviamo.
Non solo abbiamo imparato a costruire telescopi ottici sempre migliori, ma anche ad osservare tutto lo spettro della radiazione elettromagnetica, dalle onde radio fino ai raggi gamma. Abbiamo imparato a contare le galassie, a capirne la composizione chimica, abbiamo guardato sempre più lontano nello spazio e nel tempo, abbiamo capito che l’universo si espande e che c’è stata una grande esplosione iniziale. Eppure, insieme alla nostra conoscenza, è cresciuta la consapevolezza di quanto ancora non conosciamo. Riusciamo a spiegare in modo convincente circa un ventesimo dell’universo. E il restante 95%? C’è una parte consistente del cosmo che non si disvela a noi attraverso la luce. La comprensione di questo universo oscuro rappresenta oggi la più grande sfida della fisica contemporanea.
Un secolo fa, un anno dopo la pubblicazione della relatività generale, Einstein dedusse dalle sue equazioni l’esistenza delle onde gravitazionali: piccole increspature nel tessuto spazio-temporale che si propagano alla velocità della luce, generate da grandi masse che si muovono a grande velocità. Einstein le considerò troppo deboli perché potessero avere un importanza reale per la fisica.
In effetti, la caratteristica più interessante delle OG è che interagiscono molto debolmente con la materia. Questo fa sì che sia estremamente difficile realizzare un rivelatore in grado di “catturarle”. Ma fa anche sì che possano attraversare l’universo indisturbate, portando informazioni dalle regioni più remote o più dense, quelle da cui la luce non ci arriva. Sono un messaggero di quell’universo oscuro che vogliamo capire.
Questo ha stimolato i fisici, che dagli anni ’60 cercano il modo di rivelarle. Negli anni ’70 viene proposto da Rai Weiss l’uso di grandi interferometri. La ricerca nel settore prende piede in America, ma anche in Europa, in particolare in Italia e in Francia grazie a Adalberto Giazotto e Alain Brillet, due grandi fisici, dotati di una visione fuori dal comune. Non solo hanno concepito il rivelatore Virgo, ma lo hanno realizzato.
Grazie a Giazotto, che è stato il mio maestro, dagli anni ’80 Pisa è diventata uno dei centri di eccellenza mondiale per la ricerca delle onde gravitazionali. Una ricerca mirata non solo a dare una ulteriore conferma della teoria di Einstein, ma a fornire all’umanità un nuovo “cannocchiale”, uno strumento di indagine per comprendere la parte oscura dell’universo. Giazotto ha capito per primo che era cruciale estendere la banda di sensibilità dei rivelatori alla basse frequenze, e per questo ha concepito e realizzato il superattenuatore. Virgo è stato per anni il rivelatore più sensibile al mondo nella regione delle basse frequenze, che è stata cruciale per la rivelazione del primo segnale gravitazionale.
Di questi grandi interferometri ne sono stati realizzati tre: i due LIGO negli USA e Virgo a Cascina (oltre ad uno più piccolo in Germania, GEO600). Dal 2007 questi rivelatori operano in una rete mondiale: si scambiano i dati e pubblicano insieme. E’ come se fosse stata messa su una singola macchina grande quanto il mondo. Si tratta di un salto di prospettiva, la nascita di una comunità mondiale. Un esempio di scienza che costruisce ponti in un mondo pieno di trincee.
Per avere una possibilità maggiore di rivelare dei segnali occorre aumentare la sensibilità dei rivelatori. Occorre mettere a punto macchine capaci di guardare più lontano, passare dal primo “cannocchiale gravitazionale” ad uno più evoluto. Nascono così i progetti “Advanced”, che sfruttano i progressi nelle varie tecnologie utilizzate e anche nuove idee per aumentare il volume di universo osservato da Virgo e LIGO di 1000 volte. Advanced LIGO è stato finanziato all’inizio del 2008, Advanced Virgo circa due anni dopo. Virgo rimane in presa dati fino al 2011 mentre LIGO spegne prima per iniziare l’upgrade. I lavori sono iniziati nel 2011 e sono stati importanti. Abbiamo utilizzato nuove idee e i progressi fatti sui vari fronti delle tecnologie che già usavamo in LIGO e Virgo (dai laser alle ottiche, dal vuoto ai materiali) ottenuti grazie ad un lungo programma di R&D ma anche grazie a progressi nell’industria.
A settembre del 2015 le coll. LIGO e Virgo hanno iniziato le osservazioni utilizzando i due rivelatori LIGO.
Il 14 settembre 2015 è stato registrato il primo segnale, un segnale che, interpretato secondo la teoria di Einstein, ci racconta tantissimo: sono onde gravitazionali emesse nella coalescenza di due buchi neri, ciascuno di massa pari circa a 30 soli, a 1.3 miliardi di anni luce da noi. Nella collisione 3 masse solari vengono trasformate in onde gravitazionali, la potenza emessa è pari a 50 volte quella di tutte le stelle dell’universo messe insieme. Una colossale catastrofe cosmica, invisibile nel senso tradizionale, perché non emette radiazioni elettromagnetiche. Una scoperta scientifica dal valore enorme: – dimostra l’esistenza delle OG a 100 anni dalla previsione – misura l’emissione diretta di un buco nero Ma, soprattutto, apre un capitolo nuovo nella comprensione del cosmo. E’ un evento paragonabile alla prima volta in cui Galileo ha puntato il cannocchiale al cielo. Comincia l’astronomia gravitazionale e, siamo sicuri, sarà ricca di nuove sorprese, una modalità di indagine nuova, una porta su una parte di universo altrimenti inaccessibile.
Oggi la costruzione di Advanced Virgo è stata completata e la luce circola nei bracci dell’interferometro. Stiamo mettendo a punto la macchina e tra qualche mese ci uniremo a LIGO nella presa dati. Ci saranno così tre grandi interferometri in osservazione. Questo ci permetterà di individuare la direzione di una sorgente nel cielo. Trasmetteremo le informazioni ai nostri colleghi dei telescopi ottici, gamma, radio, che potranno puntare gli strumenti nel punto giusto e capire se, oltre alle onde gravitazionali, la sorgente ha emesso radiazioni di altro tipo. Nascerà quindi l’astronomia multi-messaggero che ci darà la possibilità di capire molto meglio la natura fisica di ciascuna sorgente.
Pensiamo che questo lavoro porterà ad una rivoluzione del sapere. Lavoriamo da decenni in questo settore. Un lavoro che dura da 40 anni, faticoso e spesso oscuro, per contribuire a realizzare un nuovo strumento di indagine. Steven Weinberg scriveva: È comprensibile che gran parte della storiografia della scienza si occupi dei suoi successi, di scoperte fortunate, di brillanti deduzioni o dei grandi, quasi magici balzi in avanti di un Newton o di un Einstein. Io ritengo però che non sia possibile capire veramente i successi della scienza se non si capisce anche quanto essi siano sofferti: quanto sia facile essere fuorviati, quanto sia difficile sapere, in ogni circostanza, qual è la prossima cosa da fare. (I primi tre minuti, Mondadori, 1986)
La scoperta delle onde gravitazionali, oltre che ad Einstein, dà ragione ai padri di questa ricerca, a coloro che hanno con grande perseveranza, e spesso circondati dallo scetticismo di parte della comunità scientifica, perseguito l’obiettivo. E dà ragione a tutti noi che li abbiamo seguiti in questa avventura un po’ folle.
In tanti ci chiedono cosa lasciamo alla società, perché investire soldi pubblici in questi progetti. Innovazione tecnologica? Certamente. Ricadute economiche sul territorio? Certamente.
Ma credo che l’eredità più importante, la più preziosa, sia il contributo alla conoscenza. Lasciamo uno strumento per aprire una nuova finestra sull’universo oscuro e guadagnare la comprensione di un altro pezzettino di questo cosmo così complesso. Insieme a nuove scoperte arriveranno nuove domande e, con il nostro sapere, crescerà la consapevolezza di quanto ancora abbiamo da imparare.
E questo è ciò che ci rende più umani.